18-20 settembre 2009, Assisi, Seminario nazionale, “Carità, verità e sviluppo integrale”

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Nella prolusione pronunciata dal cardinale Angelo Bagnasco in apertura dei lavori del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, vi era un passaggio sul quale conviene tornare. Diceva il presidente della Cei che “la Chiesa non cessa di raccomandare ai giovani e all’intero laicato la strada non solo del volontariato sociale, ma anche della politica vera e propria, nelle sue diverse articolazioni, quale campo di missione irrinunciabile e specifico”.
Un richiamo che convoca l’attenzione dei credenti, soprattutto dei giovani, alle responsabilità che scaturiscono dal Battesimo e dalla Cresima, alla vocazione vissuta con coerenza là dove la Provvidenza invia ad annunciare e testimoniare la “buona notizia”: nella famiglia, nel lavoro, nella scuola, nella ’città’.
Purtroppo assistiamo a un degrado intollerabile del “come” viene gestita l’amministrazione della cosa pubblica. Più che la ricerca del bene comune che è il bene integrale di tutta la persona, assistiamo ogni giorno alla corsa sfrenata del proprio particolare interesse, o comunque della ostentazione della propria immagine, seppure mascherata da nobili dichiarazioni, spesso tuttavia esibite, talvolta imposte, attraverso un circo mediatico che rinuncia alla propria libertà e dignità, pur di ossequiare il prepotente di turno.
All’indomani del Concilio, si assistette a una riflessione ed elaborazione culturale che prolungava, per i nuovi tempi, le premesse già poste dai primi capitoli della Dottrina sociale della Chiesa. Poi tutto venne a raffreddarsi, forse perché l’entusiasmo di quella stagione non era stato supportato da un adeguato sforzo culturale e progettuale (costretti, si fa per dire, a gestire il potere per non soccombere alla minaccia del totalitarismo di marca sovietica). Certamente per il sopraggiungere della stagione di Mani Pulite. Dimenticando quanto era venuto maturando negli anni della “Resistenza”, quando si posero le basi per la ricostruzione del Paese e della Nazione. Rimuovendo la presenza e l’eredità dei padri fondatori della Nuova Italia, per molti dei quali la Chiesa stava, nel frattempo, avviando il “processo di canonizzazione”.
Ed ora che fare? Intanto mettere a tema l’impegno politico come la più alta forma di carità nella riflessione e opera di discernimento che devono animare le nostre comunità, nel più ampio contesto della “sfida educativa”. Con quale sbocco operativo? Una scelta che può approdare agli “schieramenti” già definiti (ma lo sono davvero?) o mettendo in cantiere altri progetti? Qui si gioca la responsabile libertà di ogni credente. Quanta fatica però, per non dire della tentazione di rimanere a guardare, infastiditi.
La convocazione messa in atto da “Retinopera” che altre volte è stata presentata ai lettori,può essere un’opportunità da non trascurare.Si va al dialogo, tuttavia, e si partecipa alla costruzione della polis, solo se si ha piena coscienza della propria identità che è garantita dalla appartenenza “libera e forte” alla Chiesa.