7 luglio 2013 – Articolo di Francesco Rossi tratto dall’Agenzia Sir

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Concluso ad Assisi il seminario nazionale sul tema ”Dentro le periferie. Riannodare i legami in un tempo di frammentazione”. Riletta la situazione italiana attraverso gli indicatori dell’Osservatorio del bene comune. Interventi di Marco Livia, Leonardo Becchetti e Mauro Magatti

Non esiste solo il Pil. Anzi, per valutare quanto “bene comune” ci sia in un determinato territorio, o quanta felicità, l’indicatore economico può portare fuori strada. Al seminario nazionale di Retinopera, che si è chiuso oggi ad Assisi e ha avuto per tema “Dentro le periferie. Riannodare i legami in un tempo di frammentazione”, la riflessione nell’ultimo giorno di lavori è partita dai dati dell’Osservatorio del bene comune, che la rete di associazioni e movimenti ha avviato proprio per permettere “una prospettiva d’analisi del benessere territoriale, ovvero delle persone che abitano un territorio, centrata sulla nozione di bene comune”, così come la intende la Dottrina sociale della Chiesa.

Famiglia: Nord e Sud si rincorrono. Confrontando i dati Istat di un triennio (2008-2011), emerge che “nei momenti di crisi la famiglia è l’ambito territoriale che per primo risente delle modificazioni nella tenuta del Paese”, ha esordito Marco Livia, direttore dell’Iref (l’istituto di ricerca delle Acli). Quando si parla di bene comune rispetto alla famiglia Nord e Sud si alternano, e se la Campania era la prima regione nella precedente rilevazione, in quella aggiornata è comunque seconda, scalzata da Trentino Alto Adige e davanti alla Calabria che si pone al terzo posto. “Quando si affrontano questioni legate all’economia, o all’ambiente, emergono differenze tra Settentrione e Meridione d’Italia. Tuttavia, tali differenze – ha osservato Livia – si smussano e in taluni casi si annullano, come quando si affronta il tema della famiglia”; qui, infatti, il bene comune è favorito “in quelle regioni dove la cultura della famiglia si coniuga con i valori tradizionali della cultura popolare e di quella cristiana”.

Economia: arretramento generalizzato. Sul fronte economia/lavoro, invece, le classifiche non cambiano, ma vedono un arretramento generalizzato. In testa ci sono sempre Emilia Romagna e Lombardia, ossia due regioni “con un alto tasso di produzione di brevetti”. Da qui prende spunto il direttore dell’Iref per chiedere un sostegno alla ricerca e all’innovazione prima ancora degli incentivi all’occupazione. “In questo momento – ha rimarcato – le imprese italiane hanno bisogno di aiuti per vendere i propri prodotti, e magari innovare la produzione. Così facendo torneranno anche ad assumere”.

No alla globalizzazione senza regole. Ma un ragionamento sull’economia, oggigiorno, deve necessariamente valicare le frontiere. E così Leonardo Becchetti, docente di economia all’Università di Roma “Tor Vergata”, ha rivolto lo sguardo al Sud del mondo e a quei Paesi verso cui “emigrano” le produzioni nostrane, dicendo no ad “accordi di globalizzazione senza regole”. Anzi, “lavorare per gli ultimi è una necessità se vogliamo migliorare la loro condizione e conservare il nostro livello di benessere”, ha aggiunto, arrivando a ipotizzare un “salario minimo mondiale”. “Abbiamo bisogno d’imprese e cittadini diversi”, ha affermato: le prime “non abbiano come obiettivo la massimizzazione del profitto, ma creare valore economico eticamente sostenibile”; i secondi “siano ‘consumattori’, cittadini che votano con il portafoglio”.

La carica innovativa dell’associazionismo. Di fronte alle sfide della modernità, tra cui appunto la globalizzazione, ci vuole una “carica innovativa” per coglierne le potenzialità senza esserne “succubi”. Un compito che chiama in causa in primo luogo associazioni e movimenti, ha rilevato il sociologo Mauro Magatti parlando del loro possibile impegno nelle “periferie”. Le realtà aggregative del mondo cattolico per la loro stessa natura si contrappongono a un individualismo che sembra prediletto da un “modello globalizzato” che “chiede livelli di efficienza maggiori”. E “in questo momento – ha precisato Magatti – è forte il bisogno di aiutare le nostre città e i nostri paesi ad avviare processi d’innovazione se vogliamo affrontare le sfide che ci vengono dalla globalizzazione”. Sapendo che anche la globalizzazione dev’essere al servizio dell’uomo, e mai viceversa.

 Francesco Rossi