Prendiamo il largo!

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 Per una nuova stagione del movimento cattolico in Italia 
 
Preambolo
Ci siamo provvidenzialmente trovati mentre stiamo svolgendo, a titolo e con ruoli diversi, un servizio associativo, ecclesiale o civile, e stiamo già sperimentando diversi cammini di novità. Dal reciproco confronto si è rafforzata la coscienza del grande patrimonio di cui siamo eredi: esso è stato importante per la nostra vita e provoca la nostra responsabilità di comunicarlo ad altri perché possa generare nuove energie per la comunità nazionale tutta.
E’ certo un compito più grande di noi, ma vogliamo sentirci liberi di servire il mondo, lavorando con rinnovata speranza, in spirito di dialogo e di fraternità, con il coraggio di prendere il largo, ben sapendo che il documento più importante che stiamo scrivendo è quello della nostra vita e che anche quando avremo fatto tutto quanto ci è richiesto saremo stati solo dei “servi inutili”.
Questo nostro dichiararci, ripartendo dai contenuti precisi della Dottrina Sociale della Chiesa (DSC), per ridare concretezza ad un orizzonte culturale che supporti ed orienti il lavoro più ordinario nel sociale e nel civile, lo riteniamo un prezioso frutto del trascorso anno giubilare e lo intendiamo come una concreta e libera risposta alle sollecitazioni emerse dal “Progetto culturale” della Chiesa italiana. 
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Né rassegnati, né con il cappello in mano
Sappiamo che non sono pochi a sottolineare come l’evoluzione degli ultimi anni della vicenda storica dell’impegno sociale e politico dei cattolici in Italia renda sempre più evidente una loro irrilevanza 1 , che addirittura manifesta segni crescenti di insignificanza 2 , tanto che alcuni si sono spinti a parlare di liquidazione del movimento cattolico. Siamo di fronte a una perdita progressiva e talora preoccupante di nessi efficaci tra Magistero sociale e scelte socio-politiche, senza poi considerare alcune derive distorsive e alla fine produttrici di ulteriore insignificanza:
la riduzione del fatto religioso a questione puramente privata o al più culturale;
un sempre più accentuato allontanamento dalla vita sociale e politica, con relativo crescente disimpegno dei fedeli laici;
la traduzione dell’ispirazione religiosa in nuove forme di integrismo che, intrecciata con impropri casi di supplenza ecclesiastica, finisce per produrre irrilevanza nei processi socio-politici;
una crescente incomprensione dei grandi fenomeni in atto, che alimenta talvolta nell’opinione pubblica la convinzione di trovarsi di fronte a controversie di natura confessionale e non concernenti la materia, propriamente politica, del bene comune.
In questo scenario e in questo passaggio di secolo è sembrato che non pochi cattolici si siano talora collocati in una posizione di difesa. Così come appare scarsa la consapevolezza che i valori e la tradizione da cui veniamo hanno esperienza, respiro e struttura organizzativa planetaria; se avessimo più coraggio, questa formidabile accumulazione potrebbe fornire un contributo profondo alla globalizzazione della solidarietà, offrendo messaggi profetici, quali soltanto un soggetto su scala planetaria può elaborare. Oggi abbiamo la possibilità di combinare insieme rispetto delle culture e delle tradizioni locali e carisma planetario e possiamo camminare su lunghe prospettive, con senso della storia e speranza di futuro. Viene in mente, in proposito, l’antico mito di Enea con la storia (Anchise) sulle spalle e il futuro (Ascanio) per mano.
Il problema che abbiamo di fronte è quello di domandarci qual è la causa originaria che muove le nostre azioni, ispira le nostre opere, alimenta il nostro compito laicale. Sono sufficienti le “cause” delle nostre singole associazioni, movimenti, gruppi? Non è necessario rinviare in modo esplicito ad una “causa” più universale, cattolica appunto? Non c’è forse bisogno che tutti i cristiani sentano come appello urgente, come compito irrinunciabile di servire la causa dell’uomo a tutto tondo, sapendo che quest’ultima, per un credente, non può che identificarsi con la “causa cattolica” ? Usiamo questa espressione con discrezione, sapendo che può suscitare fraintendimenti, ma anche con convinzione, perché può aiutarci a dissipare equivoci e dimissioni dai compiti, dalle richieste e dalle responsabilità cui la società italiana provoca oggi i cattolici.
Esiste uno scarto culturale e comunicazionale che spesso ci impedisce di rendere ragione delle ricchezze di cui siamo portatori e si rileva una diffusa fuga dalla testimonianza, dal pagare di persona. Siamo disposti a difendere e diffondere i valori evangelici fino al sacrificio? Siamo disposti a inventare nuovi sentieri per l’amore del prossimo e per l’annuncio della “buona notizia” del Vangelo nel linguaggio e nelle forme di vita degli uomini d’oggi?
La “causa cattolica” non è dunque una nuova forma di fondamentalismo, bensì la volontà e la capacità dei cattolici di innervare, con i grandi valori della DSC, i processi di cambiamento culturale e sociale del nostro tempo, attraverso una testimonianza concreta, una comunicazione efficace, una disponibilità al servizio gratuito e generoso. Con questa convinzione: senza passione, i valori non si traducono nella storia concreta; e la passione nasce dalla consapevolezza che c’è in gioco qualcosa di decisivo: il destino della persona e dell’intera società. 
L’urgenza e la passione di un compito
Il tempo che viviamo, particolarmente nelle nostre democrazie affluenti dell’Occidente, presenta oggi delle sfide travolgenti – che sono anche delle opportunità – nelle quali sono messi a rischio:
da un lato il bene della persona umana nella sua integrità, quale conseguenza di prevalenti tendenze individualistiche e relativistiche, ove i valori sono dettati dall’esperienza, il libero arbitrio individuale è ritenuto l’unica fonte di razionalità rispetto al bene dell’uomo e il valore fondante la comunità; ove prevalgono chiusure di fatto al valore della vita;
dall’altro la stessa democrazia, che rischia una sostanziale implosione, ridotta a fare i conti con la società emozionale di massa, la società dei consumi che ha sostituito la società dei produttori, i cambiamenti imposti dalla globalizzazione, i localismi e i particolarismi: una miscela che può favorire l’emergere di nuove forme di populismo se non di veri e propri, pur se più sofisticati, totalitarismi.
Per non arrendersi all’urgenza di un compito che deriva dalla fede stessa e per evitare di rinchiudersi nelle ristrette cerchie di coloro che ritengono erroneamente di salvarsi perché fanno opere buone, in favore delle quali peraltro pretendono tutele, salvaguardia e incentivi, ma anche per corrispondere responsabilmente a una domanda crescente di senso, di ethos collettivo, basato su una memoria capace di dare significato al presente e farvi scorgere la visione del futuro, sembra necessario ripartire da alcune ferme convinzioni:
vi è un nesso profondo che deriva dalla fede tra l’azione evangelizzatrice e la promozione umana (GS 40 e 42), poiché non si può dissociare il piano della creazione da quello della redenzione, l’uomo cui annunciare il Vangelo dalle sue storiche condizioni di vita, la proclamazione del comandamento nuovo dalla promozione dell’autentica crescita dell’uomo, nella pace e nella giustizia (EN 31);
i valori cristiani identificano e manifestano una precisa antropologia, una concezione della persona umana nella sua dimensione integrale, chiamata a vivere alcune relazioni originarie con gli altri uomini, e tutto questo fonda l’ordinata convivenza umana, nella società. Infatti, la giustizia offerta per dono da Dio all’uomo è sostanzialmente quella della fedeltà ad un legame, vissuto nelle contraddittorie contingenze della storia e trasformato dalla memoria di un passato che diventa eredità. Esso è capace di inventare sempre nuove parole di vita, atte a manifestare la visione di un sogno e dunque a trarre la forza che viene dal futuro per svolgere il compito di custodia operosa del presente;
tali convinzioni non possono che animare una rinnovata passione civile e politica, con la coscienza di un compito, che si fa vocazione, ideale, progetto, servizio, espressione alta di carità, ricerca leale del bene comune, per il quale si richiede senso dell’urgenza e disponibilità a rinunce e sacrifici.
Una passione, un compito, una vocazione che sono anche riscoperta della laicità della politica, fondata sulla teologia delle realtà temporali (GS 36 e 43), avendo coscienza che ai laici spetta il compito di cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio (LG 31), come pure che “è necessario ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali e rispettare i cittadini che, anche in gruppi, difendono in maniera onesta il loro punto di vista” (GS 76). 
Per un impegno da laici nella modernità
Fare i conti con la cultura del post-moderno, nel tempo del pluralismo, non significa rassegnarsi, cedere al primo compromesso, ovvero accontentarsi del minimo comune denominatore, quanto piuttosto perseguire con tenacia il massimo storicamente possibile.
Fare i conti con la democrazia, come sistema storicamente più compiuto per la promozione dei diritti dell’uomo, significa fermezza delle convinzioni, certezza della provvisorietà storica anche delle migliori soluzioni, promozione paziente e generosa della crescita del consenso, riconoscimento della gradualità del processo politico, della ineluttabilità di poter talora conseguire soltanto un bene minore o di dover tollerare un male minore, convinti però che il livello del consenso democratico raggiunto è solo una tappa: esso infatti non misura i valori, ma dice la provvisoria crescita del costume civile intorno ad essi e dunque non cessa di sollecitare nuovo impegno e nuovi compiti, nella leale ricerca del bene comune tutto intero, insieme a tutti gli uomini liberi e forti.
Fare i conti con la sempre più invasiva irruzione della dimensione economica nella vita delle persone tutte che vivono oggi sulla Terra non significa accondiscendere alla nuova idolatria che l’accompagna, quasi che ad essa debba inesorabilmente sottomettersi la condizione umana. Si tratta invece di sviluppare discernimento e azione. L’economia può essere ricondotta “al servizio dell’uomo”; la rivisitazione e l’approfondimento della DSC possono offrire un contributo decisivo per un simile processo.
Fare i conti con le contraddizioni e le incertezze del tempo presente, significa, ispirandosi saldamente alle verità assolute, accettare con amore la “mediazione” storica, con la convinzione che questo tempo e questa terra sono gli unici che ci sono dati da vivere e sono dunque il tempo opportuno nel quale fare pieno uso della ragione, per concorrere ad elaborare le migliori sintesi politiche possibili di fini che, pur restando parziali, devono mirare comunque e sempre a dare un volto concreto al bene comune.
Fare i conti con una riaffermazione del metodo della democrazia, contro le tentazioni di pericolose scorciatoie che si vanno intravedendo nel nostro Occidente, significa perseguire il carattere popolare e diffuso della partecipazione e della politica, che non può essere riservata ad élite sempre più ristrette. Per questo non solo è necessario difendere e promuovere le istituzioni e gli strumenti (i partiti) della democrazia rappresentativa, pur da rinnovarsi in profondità, ma anche operare per dare forma più pregnante e diffusa alle istituzioni della democrazia partecipativa. 
Dal disincanto a un nuovo impegno civico:
un servizio alla nostra Italia, nella nostra Europa, per il nostro Mondo 
Siamo in un tempo in cui alcuni vorrebbero prescrivere ai cattolici, per entrare nel recinto dell’impegno socio-politico, una sorta di abiura culturale, secondo la quale il cattolico politicamente corretto deve comportarsi “come se Dio non ci fosse”. E da alcuni anni molti cattolici si sono talmente abituati a questa nuova condizione di afasia culturale che vedono integralismi dappertutto, sia quando ci sono sia quando non ve ne è traccia. Il compito primario dei laici cattolici impegnati nel sociale e nel politico è di alimentare il confronto e il dialogo con tutti gli uomini di buona volontà, alla ricerca di soluzioni condivise, senza mettere la sordina alle proprie convinzioni di fondo in tema di difesa e promozione della vita, famiglia, lavoro, volontariato, educazione, scuola, sanità, welfare, ecc.
La bussola di questo impegno resta ancorata alle tre dimensioni della solidarietà, sussidiarietà e democrazia associativa, coniugate in chiave di senso di responsabilità, in quanto da un lato alla cultura dei diritti individuali, tanto diffusa in questo momento storico, va affiancata l’etica del dovere e dall’altro il necessario dialogo e il discernimento comunitario per la ricerca del bene comune non si realizzano certo annacquando la propria identità. Il crescente bisogno di motivi che orientino il comportamento pratico e la presente domanda di etica ben si prestano ad una rinnovata offerta degli orientamenti che provengono dal Magistero e in particolare dalla DSC, coscienti delle sue quattro funzioni chiave: profetica, magisteriale, propositiva ed educativa.
Un compito impegnativo, che necessita di mettersi nella prospettiva della persuasione, riconoscendo la necessità, da parte dei credenti, di un costante ricorso alla ragione, la quale – proprio perché è sempre imbevuta di condizionamenti storici e culturali e dunque anche impregnata di categorie religiose – deve divenire concreto luogo di incontro tra credenti e laici, per il consolidamento di un’etica pubblica condivisa e la costruzione del bene comune nelle vicende mondane. 
Alcuni passi concreti per mettersi in cammino
Riappropriarsi della DSC nella sua interezza, aggiornandola con una elaborazione più vasta, compiendo uno sforzo di attualizzazione, redigendone anche una opportuna sintesi, organica ma al tempo stesso divulgativa, che ne consenta l’accesso a un pubblico più ampio dei soli addetti ai lavori e favorisca il suo utilizzo in una vasta gamma di occasioni.
Concordare una selezione ordinata dei fini parziali della politica che nel tempo presente si ritengono più urgenti e decisivi. Un elenco di riferimenti si può certamente trarre dagli indirizzi proposti dai Vescovi italiani prima delle elezioni della primavera 2001: vita, famiglia, scuola e formazione, sussidiarietà e promozione dei corpi sociali intermedi, giustizia sociale (con particolare riferimento a politiche del lavoro e del Welfare che promuovano l’universalità dei diritti e la tutela dei più deboli), immigrazione, sicurezza, salute e ambiente, riforme istituzionali, costruzione e allargamento dell’Europa, pace e solidarietà internazionale.
Muoversi secondo quattro direttrici: spirituale, culturale, educativa, operativa. Alla fine del percorso fondativo occorre trovare il filo conduttore di un “Patto” da sottoscrivere, generato dalla consapevolezza di aver tutti insieme, e partendo da strade diverse, riscoperto la modernità e l’attualità della DSC.
Dare vita, dopo un attento e ampio discernimento comunitario, a qualcosa che potrebbe essere chiamato “Opera delle reti” e che dovrebbe nascere dalla messa in comune di esperienze nazionali e locali di reti.
Estendere tale modello a tutto il territorio nazionale, coinvolgendo progressivamente le reti regionali, provinciali e locali, per favorire una opportuna disseminazione dell’ “Opera delle reti”.
Prevedere nell’ambito di questo percorso il rilancio di una forte attenzione educativa, la diffusione di concreti luoghi e percorsi di formazione di laici autenticamente liberi e responsabili e al tempo stesso luoghi di fondazione e di alimentazione spirituale per un compito così complesso e urgente, ma ineludibile e non delegabile. Quest’ultima prospettiva potrebbe anche generare un ripensamento delle modalità espressive e collaborative delle diverse forze del movimento cattolico in Italia. 
Roma, 26 marzo 2002
1 Intesa come presenza trascurabile agli effetti di una valutazione generale.
2 Intesa come presenza immeritevole di stima e considerazione per la mancanza di una propria consistenza ed efficacia.