Piano B. Nuove mappe per chi ci crede ancora

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“Piano B”, è il manifesto redatto da rappresentanti del mondo culturale e civile che viene presentato per la prima volta pubblicamente. Parole fondative che suggeriscono una strada da percorrere tutti insieme per un cambiamento possibile verso una società più protagonista della vita del Paese. Non individui isolati, ma persone radicate in formazioni sociali e corpi intermedi, uniti da un’amicizia ideale.

Leonardo Becchetti, Professore Ordinario di Economia Politica, Università di Roma Tor Vergata; Marco Bentivogli, Coordinatore Nazionale Base Italia, Esperto politiche di innovazione industriale e del lavoro; Mariaflavia Cascelli, Responsabile Organizzazioni giovanili ASviS; Carla Collicelli, Sociologa; Luca Farè, Ricercatore Universatario; Chiara Giaccardi, Professoressa di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, Università Cattolica del Sacro Cuore; Luca Jahier, Già Presidente CESE, Giornalista e politologo; Mauro Magatti, Professore di Sociologia Generale, Università Cattolica del Sacro Cuore; Giampaolo Riolo, Giurista e membro di Economy of Francesco; Alessandro Rosina, Professore di Demografia, Università Cattolica del Sacro Cuore; Roberto Rossini, Docente di Sociologia, Canossa Campus; Caterina Sturaro, Ricercatrice Universitaria; Chiara Subrizi, Economista, membro di Economy of Francesco; Paolo Venturi, Direttore Aiccon – Centro studi Università di Bologna; Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà. Modera Tonia Cartolano, Giornalista di SkyTg24.

 

Fonte Avvenire


In questi tempi di grandi cambiamenti, il disorientamento è grande. Mancano i punti di riferimento. Le questioni da affrontare sono tante, complesse, inedite.
Ci servono nuove mappe per navigare un oceano che nessuno conosce. Pieno di promesse, che possono aprire opportunità mai viste, ma anche carico di insidie, che possono mettere a repentaglio ciò che diamo per scontato.
Nuove mappe non tracciate da un pensiero astratto dedotto da dei principi, ma radicate nella concretezza di chi sta dentro la realtà, la conosce e da essa si fa ammaestrare, ha costruito e sperimentato nel tempo segni visibili e sostenibili di speranza. Ha iniziato a fare spazio a nuovi mondi vitali oltre e al di fuori la rappresentanza sociale, politica.

Nel dibattito pubblico, le parole sembrano non valere più niente. Ridotte a slogan, sono usate come armi, muri, forbici, che semplificano, feriscono, tengono a distanza. La complessità viene rimossa e la diversità delle prospettive diventa incompatibilità assoluta. Ad aumentare sono la confusione e l’inefficacia dell’azione.
In un mondo in cui le parole non mancano, ma anzi sovrabbondano, noi pensiamo invece che serva uno sforzo di rigenerazione del lessico che permetta di disegnare un Piano B, preso atto dei tanti fallimenti che si sono susseguiti in questi anni.
E tutto questo a partire da 12 parole destinate però a diventare molte di più. Perché la parola ci abita, ci convoca, ci mette in relazione: in un dialogo (dia-legein) che è rilegare ciò che a uno sguardo superficiale parrebbe irrimediabilmente separato. Trovando forme nuove e più alte – per quanto sempre in divenire – di ricomposizione.“Se perdiamo il contatto vitale con le radici delle parole, ci travolgerà il vento della tecnocrazia e perderemo ogni identità”.

La costellazione delle parole da cui comincia il cammino di Piano B – destinata un po’ per volta ad arricchirsi e a precisarsi – non serve per scrivere l’ennesimo programma di qualcuno contro qualcun altro. Piuttosto l’obiettivo è quello di identificare vie di sviluppo integrale da percorrere tutti insieme: di riconoscere e far convergere le forze per fare sinergia (sun-ergos, agire insieme), per comprendere che al di là delle appartenenze singole conta ciò che ci accomuna e ci chiama alla contribuzione, nelle forme di cui ciascuno è capace.

In questa prospettiva, Piano B si distingue per lo stile e il metodo.
Quanto allo stile: non si tratta di omologare il pensiero, ma di coltivare un ‘universalità concreta’, in cui niente si perde ma tutto viene valorizzato. Con un fondamentale ‘orientamento alla totalità’ che non cancella le differenze ma anzi le valorizza, evitando di trasformarle in motivi di separazione, e che è infinitamente di più della somma delle parti: perché la relazione – che è comunicazione e lavoro di ritessitura delle lacerazioni – ha un effetto moltiplicatore e genera novità.
Quanto al metodo: ciò che si mette un moto é un processo da sviluppare nel tempo, passo dopo passo, insieme. Un lavoro collettivo e corale, senza protagonismi o leaderismi, per cercare di guarirci dai mali che ci affliggono e ci depotenziano, per liberare nuova energia vitale, per riconnettere ciò che è disperso. Scoprendo che sono molti di più di quanti pensiamo quelli che, forse senza saperlo, stanno camminando nella stessa direzione, da ora in poi, insieme.


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